UNA CHIACCHIERATA SULLE SPEZIE – “IL PEPE”
Sabato 01 Giugno 2024
Parte 1°
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Relatore Prof. Roberto Pagani
già Docente di Chimica e Biochimica nella Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Siena, nonché Direttore della Scuola di Specializzazione della Scienza dell’Alimentazione della medesima Facoltà.
Il pepe, principe delle spezie, Una delle spezie più note ed apprezzate, motore dei grandi viaggi di scoperta del XV secolo. Conosciuta ed utilizzata da millenni. Grani di pepe sono stati trovati nelle narici di una mummia egizia data al 1.212 a.c., perché era utilizzato assieme alla mirra ed al natron nel processo di mummificazione.
È altresì documentato che nella Cina meridionale, il pepe fosse utilizzato già nel 2.000 a.c., portato da mercati indiani e cinesi che si rifornivano regolarmente sulla costa orientale dell’India
A Roma, in età imperiale, sappiamo che il pepe era importato attraverso Alessandria d’Egitto. Le navi romane partivano da Muza o da Qana, due porti localizzati nella zona di Aden, dove la spezia era portata da mercanti arabi e/o indiani dalle coste occidentali dell’India.
Da questi porti risalivano il Mar Rosso fino a Hormos o a Berenice, sulla costa orientale (egiziana) con un viaggio che durava dai 30 ai 40 giorni.
In uno di questi porti, preferito era Hormos, il carico di spezie veniva trasferito su lunghe carovane di cammelli che attraversavano un tratto di deserto fino ad arrivare a Coptos. Questo trasferimento durava 12 notti (di giorno sarebbe stato troppo caldo) lungo una pista sorvegliata dai militari, con luoghi appositamente preparati per accogliere uomini ed animali, e soprattutto per mantenere gli animali all’ombra durante il giorno.
Coptos in realtà era un porto fluviale, situato sul Nilo, già navigabile. Le spezie venivano trasferite su chiatte e trasportate, via fiume, fino ad Alessandria, questa parte del viaggio durava nuovamente 12 giorni.
Ad Alessandria c’era il primo problema, dovevano essere pagati i diritti portuali che ammontava al 10% del carico dichiarato. È ovvio che i singoli capitani si ingegnassero a dichiarare molto meno di quello che fosse il carico reale. Per cui il contrabbando era estremamente fiorente.
Ad Alessandria inizia l’ultima parte del viaggio verso Roma, le navi onerarie arrivano nel porto di Ostia con un viaggio che poteva durare anche due mesi.
Ad Ostia c’era quello che potremmo chiamare “controllo doganale”, le spezie veniva trasferite nelle Horrea Piperiana, dei veri e propri magazzini doganali, dove il carico veniva controllato e doveva essere pagate le tasse.
Tasse che erano piuttosto alte e che, normalmente, ammontavano al 25% del carico, solo che, a differenza di quanto succedeva ad Alessandra, il pagamento avveniva dopo che le spezie erano state portate nella horrea e controllate.
Nell’immagine un esempio di Horrea Piperiana ad Ostia antica, databile al II secolo d.c.
Sul frontone di marmo sono indicati il nome dei proprietari e la destinazione di uso della struttura.
Da quello che ho appena detto è ovvio che il costo della spezia sul mercato romano fosse elevato, tra il costo vivo dell’acquisto, del viaggio, delle tasse e i grossi ricarichi fatti dai differenti mercanti, il costo finale era elevato, di conseguenza il pepe veniva utilizzato solamente da chi se lo poteva permettere.
Allo stesso tempo, chi se lo poteva permette, lo usava largamente o addirittura ne abusava. L’esempio è Marco Gavio Apicio che si vede nella fotografia, un “riccone” che non badava assolutamente a spese per quanto riguardava la sua cucina. Tanto che a un certo momento della sua vita, fu costretto a fare dei conti e, preso dallo sconforto, si uccise perché gli erano rimasti solamente 10.000.000 di sesterzi. C’ è addirittura la lettera di Seneca alla madre che cerca di “consolare” Elvia, la madre di Marco Gavio, della perdita del figlio.
Ma oltre a sperperare il suo patrimonio, Apicio è noto per aver scritto quello che è considerato il primo ricettario della Storia, il De Re Coquinaria, in 10 libri, dedicati alle diverse tipologie di alimenti.
Probabilmente il testo che è giunto a noi è stato largamente rimaneggiato nel III o nel IV secolo,
Comunque sia, il testo contiene 464 ricette ma la parola pepe è ripetuta ben 474 volte.
Che il pepe fosse apprezzato anche dai cosiddetti BARBARI è facilmente dimostrato da un episodio,
Nel 410 d.c. Roma fu saccheggiata dai Visigoti di Alarico, da notare che Alarico era cresciuto ed era stato educato a Roma dove era stato portato in giovanissima età, assieme al fratello, come “pegno” che suo padre, re dei Visigoti, dava a Roma della sua fedeltà.
Era stato ribattezzato Flavio Alarico, aveva studiato, era entrato nell’esercito ed aveva fatto carriera arrivando ad essere magister militum per Illyricum. Nel 398, In pratica era un generale romano a tutti gli effetti fino a quando divenne Re dei Visigoti, entrò in contrasto con gli imperatori e dopo altri due assedi, nel 408 e 409, conquistò Roma, lasciò che le sue truppe saccheggiassero per tre giorni pur avendo posto il divieto di danneggiare in qualsiasi modo le chiese, e chiese un grosso riscatto per abbandonare la città.
Oltre agli inevitabili oggetti d’oro e d’argento, chiese ben 3.000 pellicce e addirittura 3.000 libbre di pepe, considerando che la libbra romana corrispondeva a circa 340 g, parliamo di una tonnellata della spezia.
Ma dopo questa piccola carrellata sul pepe, veniamo alla spezia nel contesto del menù di stasera.
Crostone con salsa cacio e pepe
Farfalle con crema di ceci pepe di Sichuan e pecorino toscano
Peposo con fagioli lessi, aglio e salvia
Panpepato
Cominceremo col crostone con salsa CACIO E PEPE
Spaghetti cacio e pepe sono un classico della cucina Romana, ma la paternità vera di questo piatto è diversa e più lontana nel tempo.
Si deve a questo illustre personaggio, Maestro Martino, chiamato anche Maestro Martino da Como, ma in realtà nato in Valle di Blenio, che allora faceva parte del ducato di Milano, oggi invece è territorio svizzero, intorno al 1430, la data precisa non si sa, lavorò a Udine, Milano, poi a Roma. Divenne “cuoco segreto” del papa Niccolo V, cuoco segreto del Patriarca di Aquileia, ribattezzato cardinal Lucullo per le enormi spese che sosteneva per la sua cucina.
In pratica è il cuoco più importante del ‘400, è l’innovatore che abbandona la cucina medievale, ricchissima di spezie, per una cucina più naturale.
La sua opera fondamentale è Libro de Arte Coquinaria, scritto in volgare tra il 1456 e il 1467 (varie stesure, aggiunte e correzioni) diviso in diversi capitoli, in cui descriva la cottura dei diversi tipi di cane e i diversi metodi di cottura. Si occupava anche di pasta e di cottura della pasta.
Ovviamente la pasta così cotta diventava molle, collosa, viscosa, in poche parole “umida”, ma proprio per questo, secondo la teoria umorale di Ippocrate che vedeva nell’equilibrio “caldo-freddo; secco-umido” l’origine della buona salute, aveva bisogno di un correttivo e poiché “contraria contrariis sanatur” per correggere l’umidità della pasta niente di meglio che aggiungere prodotti secchi e caldi per eccellenza quali il pepe e altre spezie. Inoltre raccomandavano di aggiungere tanto formaggio (debet poni magna quantitas casei gratati).
Importantissimo per la diffusione e la conoscenza dell’opera di Mastro Martino, fu Bartolomeo Sacchi detto il Platina, umanista, socio di numerose accademie romane, in particolare quella presieduta da Marsilio Ficino, cosa che lo portò nelle carceri vaticane 2 volte con l’accusa di congiura contro il Papa e di manifestare idee pagane. Fu assolto dalle accuse e nominato da Sisto IV, primo Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana. Era tanta la stima e l’ammirazione verso Maestro Martino, che tradusse in latino, la lingua dei dotti, la sua opera, e, soprattutto la incorporò nel suo De honesta voluptate et valetudine.
Scelse appositamente questo titolo per sottolineare che non si trattava di gola e ingordigia ma di piacere e salute onesta. Questo perché la Chiesa considerava la “gola” il peggiore dei peccati capitali, in quanto avrebbe facilitato e indotto tutti gli altri, in specie “gula et luxuria”, il peggio del peggio.
Pepe del Sichuan (Zanthoxylum piperitum)
è una piccola bacca molto utilizzata in Asia ma, in termini puramente botanici, non sarebbe un vero “pepe” nel senso che non appartiene al genere “piper” ma alle Zanthoxylum.
Ricorda il pepe nero, ma non c’è correlazione (le Zanthoxylum sono delle rutaceae, la stessa famiglia del limone)
E’ poco piccante ma molto pungente, aroma agrumato con note di cedro e pompelmo.
Nella medicina tradizionale, l’estratto oleoso è usato per lenire il prurito (cosa non da poco perché le lesioni cutanee erano frequenti perché la gente si lavava poco, con risultati che è facile immaginare). Veniva usato anche per lenire il mal di denti, tanto che la pianta viene chiamata “albero del mal di denti”.
A differenza del vero pepe, i semi vengono scartati e si usano solo i gusci che vengono tostati e, poi, macinati prima del loro utilizzo.
In genere si aggiunge all’ultimo momento.
In Cina, si utilizza in particolare su anatra e pollo come Hua jiao yen (sale e pepe di Sichuan, arrostiti e bruniti, a cui vengono talvolta aggiunti zenzero, anice stellato, aglio e cipolla).
Il piatto forte, invece, è un classico toscano, tanto toscano che la ricetta “originale” è depositata presso la Camera di Commercio di Firenze per conservarne l’integrità.
Lo “scopritore” di questo piatto fu Filippo Brunelleschi nel periodo in cui stava costruendo la cupola della cattedrale di Firenze tra il 1418 e il 1436.
Si narra che Brunelleschi facesse frequentemente la spola tra Firenze a Impruneta, dove nelle fornaci locali, venivano cotti i mattoni e le tegole necessarie per la costruzione.
Brunelleschi osservò che i “fornacini” (gli operai addetti alla fornace) mettevano dei tegamini di coccio accanto alla bocca del forno, con carne, non particolarmente pregiata, pepe e vino, lasciandole cuocere lentamente per intere mattinate o pomeriggi. Lo volle assaggiare e lo trovò di suo gusto e lo giudicò particolarmente corroborante oltre che essere relativamente a buon mercato. Questo lo spinse a creare una sorta di “mensa aziendale” ante litteram per i suoi operaio.
Si mise d’accordo con il padrone di una osteria vicina al Duomo e a mezzogiorno, al momento della sosta, non erano gli operai a scendere dalle impalcature, ma erano i garzoni dell’oste che portavano il cibo direttamente sulle impalcatureIn questo modo gli operai non scendevano a terra, non bevevano e risparmiavano tanto tempo, accorciando i tempi di lavorazione e facendo risparmiare l’Opera del Duomo che si era accollata la grossa spesa della costruzione,
Per questo motivo la ricetta fu intitolata originariamente “IL PEPOSO DEI FORNACINI” dal nome degli operai della fornace
Parte 2°
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Relatore Dr. Oreste Piccolo
consulente industriale, già professore a contratto di chimica delle biotecnologie a Venezia e già docente di corsi integrativi di Chimica Organica Industriale e Stereotecnologie nelle Università degli Studi di Pisa, Venezia, Sassari. Corsi di Dottorato o Master di Applicazioni industriali delle Stereotecnologie, delle Biotecnologie e di Green Chemistry nelle Università degli Studi di Pisa, Pavia, Milano, Venezia, Sassari e Trieste.
La Spezia può essere un Insaporitore, un Colorante, un Conservante nonchè Nutraceutico/Fitofarmaco.
I fitofarmaci sono prodotti dalle piante come meccanismo di difesa contro gli agenti patogeni. Sono usati per trattare vari disturbi metabolici, immunologici e neurologici negli esseri umani in varie parti del mondo come parte della medicina tradizionale. Il numero di estratti di piante nella medicina commerciale aumenta con l’aumento della popolazione.
Le proprietà antimicrobiche degli estratti vegetali hanno portato ad un aumento delle richieste.
La coltura di tessuti vegetali, d’altro canto, si è rivelata un’alternativa affidabile per la produzione di composti bioattivi dalle piante. La coltura vegetale artificiale può migliorare la produzione di sostanze fitochimiche nelle piante. medicinali.
La produzione di spezie è principalmente controllata da Cina, Madacascar, India, Indonesia e da alcuni paesi del Sud America, come Brasile, che è il maggiore fornitore di pepe, ed il Guatemala di cardamomo.
Tra il 2000 e il 2004, il valore delle importazioni di spezie è aumentato dell’1,9% all’anno e il volume è aumentato del 5,9%. Nel 2004, il commercio di spezie è stato di circa 1.547 milioni di tonnellate per un valore di 2,97 miliardi di dollari, riflettendo l’importanza delle spezie nel mondo e la loro domanda.
Spezie ed aromi sono per molti la stessa cosa, le comprano in vasetti dai quali il principio attivo se ne è già andato da tempo. Eppure le spezie hanno spinto navigatori a trovare nuove rotte, stati a combattere guerre, medici a scoprire nuovi farmaci, Venezia stessa basava i suoi commerci con l’oriente sulle spezie. Per secoli le spezie hanno mosso l’economia dell’Europa: le navi si costruivano per viaggiare, si viaggiava per scoprire nuove terre e si cercavano nuove terre per trovare le spezie.Le spezie sono di norma le sostanze ricavate da alcune varietà di piante aromatiche, provenienti per lo più da paesi tropicali; di queste si utilizzano parti diverse secondo il tipo di spezia che si desidera ottenere: la corteccia (per la cannella), i bottoni floreali (per i chiodi di garofano), gli stimmi (per lo zafferano) e i semi (per il pepe).Gli aromi, o erbe aromatiche, sono erbe o verdure (foglie e steli) generalmente coltivate negli orti ma presenti anche allo stato selvatico, normalmente consumate fresche o più raramente essiccate; di queste fanno parte, ad esempio, il basilico, il cerfoglio, il coriandolo, il dragoncello, il prezzemolo, il rosmarino, la salvia ed il timo.
Spezie ed aromi sono per molti la stessa cosa, le comprano in vasetti dai quali il principio attivo se ne è già andato da tempo. Eppure le spezie hanno spinto navigatori a trovare nuove rotte, stati a combattere guerre, medici a scoprire nuovi farmaci, Venezia stessa basava i suoi commerci con l’oriente sulle spezie. Per secoli le spezie hanno mosso l’economia dell’Europa: le navi si costruivano per viaggiare, si viaggiava per scoprire nuove terre e si cercavano nuove terre per trovare le spezie.Le spezie sono di norma le sostanze ricavate da alcune varietà di piante aromatiche, provenienti per lo più da paesi tropicali; di queste si utilizzano parti diverse secondo il tipo di spezia che si desidera ottenere: la corteccia (per la cannella), i bottoni floreali (per i chiodi di garofano), gli stimmi (per lo zafferano) e i semi (per il pepe).Gli aromi, o erbe aromatiche, sono erbe o verdure (foglie e steli) generalmente coltivate negli orti ma presenti anche allo stato selvatico, normalmente consumate fresche o più raramente essiccate; di queste fanno parte, ad esempio, il basilico, il cerfoglio, il coriandolo, il dragoncello, il prezzemolo, il rosmarino, la salvia ed il timo.
Proprietà Fitoterapeutiche
- Anice stellato: Antibiotico, antiossidante, antimicotico e antibatterico.
- Cannella: Ipoglicemica, antimicrobica, antiossidante, agisce nel ridurre il colesterolo totale, i trigliceridi e la pressione arteriosa.
- Cardamomo: Antiemetico, digestivo e antinfiammatorio.
- Chiodi di garofano: Antinfiammatori e antidolorifici.
- Cumino: Digestivo, depurativo e disinfettante.
- Curcuma: Antinfiammatoria, disintossicante epatica, antidolorifica e antidegenerativa.
- Noce moscata: Antidolorifica e aumenta la pressione sanguigna.
- Peperoncino: Vasodilatatore, analgesico, digestivo, tonificante e favorisce il controllo dell‘appetito: 1 mg di peperoncino abbassa la grelina, l’ormone della fame, aumentando il senso di sazietà.
- Vaniglia: Antisettica, calmante e antiossidante.
- Zafferano: Contiene quercitina (flavonoide) e crocina (carotenoide) che aumentano la fluidità del sangue e abbassano il colesterolo.
- Zenzero: Antinfiammatorio, digestivo, antiemetico, antiossidante e vasodilatante.
Il pepe è in assoluto la spezia più utilizzata nella cucina occidentale: i grani interi si usano nei brodi, nelle miscele per salamoia, in alcuni salami e salsicce; il pepe bianco sostituisce quello nero nelle salse chiare, per un motivo più che altro estetico, mente i grani di pepe verde vengono schiacciati e aggiunti alle salse più delicate per aromatizzare alcuni piatti a base di carne (come ad esempio il filetto al pepe verde) e di pesce. Le qualità principali sono quella di Mangalore, di Ceylon, di Giava, di Penang, di Singapore e di Siam. E’ preferibile acquistarlo in grani e macinarlo al momento, perché le sue sostanze aromatiche, come per quasi tutte le spezie, si disperdono molto velocemente. Il pepe fresco si conserva in frigorifero, all’interno di un barattolo di vetro con chiusura ermetica; quello essiccato, sempre in un contenitore di vetro, al riparo dalla luce e dall’umidità.Per quanto riguarda le virtù terapeutiche, il pepe ha proprietà stimolanti (per quanto concerne la secrezione gastrica), carminative e febbrifughe. Va usato, come per la maggioranza delle spezie, con una certa moderazione; in particolare, può interferire con alcuni farmaci antiasmatici ed antiepilettici ed è controindicato a chi soffre di ulcera o gastrite.
Il Pepe (piper nigrum) è una pianta tropicale rampicante, la cui maggior produttrice, attualmente, è l’India, seguita dall’Indonesia, dalla Malesia, dal Madagascar e dal Brasile. Cresce fino a 4 metri, ha foglie verde scuro e comincia a produrre i frutti soltanto dopo qualche anno, proliferando poi per circa 20 anni; i suoi frutti sono costituiti da grappoli di bacche, di colore verde se acerbe, o rosse se mature. Esistono diverse varietà di pepe, che possono essere ricavate dalla stessa pianta ma con un diverso grado di maturazione dei frutti, o da piante diverse:- il pepe verde: è costituito dalle bacche verdi, acerbe, conservate in salamoia o nell’aceto; si riduce facilmente in pasta ed ha un aroma fresco e non troppo piccante;
– il pepe nero: è costituito dalle bacche verdi fatte essiccare per circa 10 giorni al sole fino a quando assumono una colorazione nera; ha un aroma pungente e piuttosto piccante;
– il pepe bianco: è costituito dalle bacche giunte quasi a maturazione; quando raggiungono una colorazione rossastra, vengono raccolte e messe in acqua per fargli perdere la pellicola esterna; quindi, sono sottoposte ad essiccazione; sono più piccole di quelle nere ed hanno un aroma meno piccante;
– il pepe rosa: è costituito dalle bacche quasi mature di una varietà dell’America del Sud; l’aroma è leggermente resinoso e, se consumate in eccesso, possono risultare tossiche.
– il pepe lungo: è costituito da piccoli frutti neri di forma conica lunghi circa 1,5 cm. appartenenti ad una varietà particolare di pianta; è un tipo di pepe quasi totalmente sconosciuto in Europa e invece molto usato in India e nell’Estremo Oriente; l’aroma è piuttosto intenso e leggermente dolce;
– il pepe mignonette: è una miscela di bacche, bianche e nere, macinate grossolanamente; il suo utilizzo è molto comune in Francia.
La Moringa oleifera è una pianta molto apprezzata, distribuita in molti paesi dei tropici e subtropicali. Ha una gamma impressionante di usi medicinali con un alto valore nutrizionale. Varie parti di questa pianta come foglie, radici, semi, corteccia, frutti, fiori e baccelli immaturi agiscono come stimolanti cardiaci e circolatori, possiedono inoltre attività antitumorale, antipiretico, antiepilettico, antinfiammatorio, antiulcera, antispasmodico, diuretico, antipertensivo, ipocolesterolemizzante, antiossidante, antidiabetica, epatoprotettiva, antibatterica e antifungina. Vengono impiegati per il trattamento di diversi disturbi, in particolare nella medicina tradizionale nell’Asia meridionale;è conosciuta come “il migliore amico della mamma” per via del suo utilizzo.per aumentare la produzione di latte della donna ed è a volte prescritta per l’anemia.
Moringa oleifera è stato segnalata come coagulante naturale nel trattamento delle acque superficiali. ad alta efficienza nel trattamento di acque a bassa torbidità.
I nematodi intestinali ( vermi intestinali) sono la principale causa di malattie animali e l’uso indiscriminato di antielmintici sintetici contribuisce allo sviluppo della resistenza ai farmaci. Sono inotre causa di vari disturbi per l’uomo.
Degni di nota sono i bioprodotti naturali, che si sono rivelati promettenti per terapie antiparassitarie alternative. È stato valutato l’effetto positivo in vitro del WSMoL (lectina di Moringa oleifera solubile in acqua) sulla schiusa delle uova e sullo sviluppo di larve allo stadio iniziale di nematodi gastrointestinali da capre naturalmente infette. Il che suggerisce che WSMoL interagisce con i recettori glicoconiugati intestinali nell’embrione, così come nella cuticola delle larve.
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